Case Study: Ithaca.

Case Study: Ithaca.

Case Study: Ithaca. 150 150 Simone Barbieri

Vorrei parlare oggi del case study Ithaca, un cortometraggio girato ormai molti anni fa e che all’epoca aveva presentato sfide impreviste, soprattutto dal punto di vista del suono.
Per lo shooting di questo corto era stata noleggiato un costoso carrello con crane e binari e l’agenda di produzione era strettissima e non consentiva alcun ripensamento.
Questo è oltremodo tipico in questo settore, e non ci dovrebbe stupire.

la troupe di Ithaca durante le riprese a Brunate

Il problema nacque però quando le condizioni meteo cambiarono all’improvviso. La notte che iniziammo a girare, infatti, si scatenò un violento temporale, che rese l’atmosfera della storia raccontata (l’alba di un mattino primaverile) incompatibile con la realtà del set, fatta di tuoni e scrosci improvvisi d’acqua.
Inoltre, non era prevista nessuna musica e nessun effetto sonoro, che avrebbero potuto aiutarmi a coprire eventuali disturbi: l’audio richiesto era naturale e da presa diretta.
Ci misi anche del mio: da purista della ripresa quale ero, mi fissai che non volevo usare librerie audio, ma esclusivamente ambienti e foley registrati da me.

L’aeroplano.

La parte più semplice fu registrare l’aeroplano.
Avevamo ottenuto il permesso di filmare il Lago di Como a bordo di un idrovolante. Ma una volta arrivati ci accorgemmo che il mezzo era troppo piccolo per trasportare, oltre al pilota e al cameraman, anche il fonico, e occorreva subito una soluzione alternativa.
Il volume del suono del motore all’interno dell’abitacolo di un idrovolante è estremamente alto. Sarebbe stato necessario monitorarlo per essere sicuri di non incorrere in distorsioni, ma il monitoraggio non era possibile.
Potevo solo affidarmi al microfono più resistente che avevo con me, un grosso dinamico come l’AKG D-112, pensato per registrare ad altissimo volume suoni ricchi di basse frequenze.
Assicurai con delle cinghie il registratore e il microfono a bordo del velivolo, abbassai il guadagno il più possibile, feci partire la registrazione e scesi, lasciando il posto al cameraman.
In post produzione scelsi 2 momenti diversi della lunga registrazione, che fossero privi di suoni diversi dal rombo del motore.
Li misi quindi uno sul canale destro e uno sul canale sinistro, in modo da avere l’effetto dual-mono tipico di questi aerei dotati di motori sulle ali.
Alternammo poi questa registrazione con un’altra registrazione fatta dall’alto del faro, dell’aereo che decollava e girava intorno al promontorio, in modo da avere entrambi i punti di ascolto.

L’interno della casa.

Un frame del cortometraggio Ithaca, diretto da Andrea Palamara, suono di Simone Barbieri, una produzione Akra Studios

Qui le cose si fecero molto più complesse: la registrazione audio era inutilizzabile, a causa del temporale, era necessario, quindi, ricostruire tutto in post-produzione.
Tornai sul posto qualche giorno dopo, con un’amica. Portai con me una dummy head di legno e dei microfoni auricolari, che misi in corrispondenza delle orecchie del manichino.
Rifacemmo da capo ogni suono, posizionando la dummy head precisamente dove avevamo piazzato la m.d.p., e muovendoci negli stessi ambienti e con le stesse distanze rispetto al punto di ripresa. Le feci indossare scarpe dello stesso tipo, e poi le diedi istruzioni di camminare deliberatamente lentamente, in modo da avere margine per tagliare i suoni dei suoi passi e poterli mettere più facilmente in synch con il video.
Spezzammo i legnetti, facemmo cadere gocce d’acqua nei catini, aprimmo e chiudemmo stufa e porta… assicurandoci che distanze, direzioni, materiali e ambienti fossero rispettati pienamente, in modo da dare un senso di completo realismo.

Gli esterni.

Un frame del cortometraggio Ithaca, diretto da Andrea Palamara, suono di Simone Barbieri, una produzione Akra Studios

Gli esterni furono un altro problema da risolvere: il rumore antropogenico è un suono di cui non ci si accorge… finché non si cerca di registrare un ambiente (che vorrebbe essere) naturale o preindustriale.
A quel punto è subito chiaro che non c’è modo di evitarlo, non solo nei centri urbani, ma anche sulle colline intorno alle città. Il suono del traffico su gomma infatti arriva molto lontano, e può essere molto ampio in frequenza, rendendo difficile trattarlo in equalizzazione senza sacrificare la qualità del suono globale.
Mi portai quindi i microfoni auricolari in viaggio ovunque andassi, per mesi, finché non trovai la situazione giusta. Nella campagna intorno a Ferrara, all’alba, proprio fuori dal B&B dove alloggiavo, riuscii a registrare con sufficiente pulizia l’ambiente sonoro che cercavamo.
Le onde del lago furono invece registrate all’alba, in quasi assenza di traffico, avvicinandomi il più possibile al bagnasciuga e indossando personalmente i microfoni auricolari.

Microfoni auricolari e HRTF.

un particolare microfono auricolare compreso di dummy head

I microfoni auricolari sono microfoni miniaturizzati, di solito ad elettrete, che si inseriscono direttamente all’interno del canale uditivo o in prossimità dell’orecchio, per catturare il suono in modo simile a come l’orecchio umano lo percepirebbe.
Questi microfoni sono progettati per sfruttare l’anatomia dell’orecchio umano e la funzione di localizzazione del suono attraverso l’Head-Related Transfer Function (HRTF).
L’HRTF è una caratteristica unica di ciascun individuo che determina come viene percepita distanza e direzione dei suoni. Semplificando estremamente si può dire che il cranio dell’ascoltatore funge da ostacolo fra i suoni provenienti da destra e l’orecchio sinistro, e viceversa.
Questo accade soprattutto per le frequenze alte, non essendo esse in grado di ‘passare attraverso’ l’ostacolo.
I microfoni auricolari non sono l’unico tipo di microfono che può sfruttare le HRTF, ma è sicuramente il più portabile, non necessitando di aste e supporti ma essendo immediatamente pronto all’uso. Questo li rende molto utili on-location.
Questo tipo di microfoni è di solito economico, di tipo omnidirezionale, richiede un’alimentazione per funzionare ed è molto sensibile.
Si consiglia di proteggerli dai soffi d’aria attraverso cuffie windscreen, ogni volta che si è in esterni.
Si consiglia anche di monitorare il segnale registrato per controllare distorsioni, soprattutto sulle basse frequenze. Un filtro passa alto potrebbe essere indicato in molte situazioni.

In-ear Binaural Vs. Dummy Head Binaural.

I microfoni auricolari possono essere indossati personalmente oppure montati su una dummy head.
Nel caso in cui vengano indossati personalmente avremo come lati positivi:
– meno spesa
– più rapidità di utilizzo
– più discrezione in caso di registrazione in pubblico
– completa coerenza della forma cranica con la nostra (le HRTF sono personali e hanno una certa variabilità)
Avremo però come lati negativi:
– impossibilità di monitoring (eventuali cuffie vicine ai microfoni innescherebbero ovviamente l’effetto Larsen)
– impossibilità di respirare e deglutire normalmente senza che questo finisca nella registrazione
– obbligo di immobilità in caso di registrazioni che prevedano tempi di attesa
Nel caso invece si decidesse di montare i microfoni su una dummy head, avremmo come lati positivi:
– possibilità di monitoring live
– possibilità di lasciare la dummy head in posizione scomoda per lungo tempo
– non è più necessaria l’apnea, anche se resta obbligatorio il silenzio (sono microfoni molto sensibili)
Avremmo come lati negativi:
– spesa maggiore per l’acquisto di una dummy head (per ottenere un effetto simile si può optare per il Jecklin disc)
– il fissaggio della dummy head può richiedere maggior tempo
– difficilmente le HRTF generate dalla dummy head saranno uguali alle nostre (la percezione spaziale è comunque garantita… sarà solo meno precisa)
– registrare ‘di nascosto’ in pubblico sarà più difficile, essendo la dummy head un oggetto piuttosto visibile e che attrae anche molta curiosità